di Irene Venturi

Se il trend degli ultimi anni vede il concetto di sostenibilità declinarsi in molte dimensioni, il settore moda rientra certamente tra i comparti economici protagonisti del dibattito con un consumo globale di vestiti raddoppiato in quattro anni, passando dai 74,3 miliardi di capi nel 2015 (tra abbigliamento e footwear) ai 130,6 miliardi nel 2019.

Le riflessioni sulla necessità di un nuovo sistema produttivo e consumistico sono quindi sempre maggiori, portando la moda a dover cambiare modello di business e direttrice di sviluppo. 

Grafico dell'andamento delle vendite nel settore abbigliamento dal 2010 al 2015

Le risposte alle nuove esigenze ed aspettative dei consumatori si traducono in strategie volte a comunicare un nuovo impegno e una brand identity che guarda al futuro della comunità e delle generazioni future. Ai benefici si contrappone però un rischio, quello di trasformare la comunicazione in una captatio benevolentiae, millantando strategie green senza averle messe realmente in pratica, e distogliendo l’attenzione da condotte non etiche e non sostenibili. Attraverso la mia tesi ho quindi comparato la comunicazione aziendale con il comportamento online degli utenti, monitorando così la performance di alcuni brand che si occupano esplicitamente di moda etica e circolare. L’obiettivo finale era quello di arrivare allo studio delle percezioni di 67 utenti accuratamente selezionati e che si auto-definiscono sostenibili.

Tre sono stati i livelli di analisi: il primo livello si è focalizzato sul parlato avvenuto sul web con l’obiettivo di mappare la social experience quando si parla di circular design. Per questa fase è stato fondamentale Image Scan, l’algoritmo sviluppato da Maxfone, che riconosce ed analizza in tempo reale contenuti visual provenienti dal web e dai social grazie ad un’elevata capacità computazionale.

Abiti color sabbia su apendino

La ricerca è partita il 31 Luglio 2020 su Twitter e Instagram, attraverso il monitoraggio dell’hashtag #circulardesign, e si è conclusa il 30 Novembre 2020, arco di tempo in cui sono stati raccolti tutti i dati e i contenuti online estrapolando quelli specifici del settore fashion: 8548 post con immagini su Instagram e 669 contenuti su Twitter. Analizzare il mondo dei social network ha permesso di studiare da vicino una forma di comunicazione e interazione spontanea degli utenti

Una lettura dei risultati evidenzia come dati rilevanti che solo il 10% circa dei post di entrambi i social includono volti umani, ma allo stesso tempo i post con maggior engagement sono quelli che coinvolgono soggetti.

Sia su Instagram che su Twitter il contenuto con l’engagement più alto è di un brand, Napapijri, che coinvolge brand Ambassador e testimonial. Mentre su Instagram troviamo più volti femminili (72%), su Twitter sono più gettonati i volti maschili (72,7%).

Grafici sul genere ed età dei soggetti riconosciuti nelle immagini

Sono state poi rilevate le preferenze cromatiche, le fasce orarie con maggiore attività, gli hashtag più utilizzati e la relazione che si costruisce online tra concetti. Infine, l’analisi semantica riflette come il termine “circolare” per gli utenti si accompagni strettamente ai concetti di sostenibilità e riduzione degli sprechi. Questa fase ci ha dato gli elementi per costruire i livelli successivi. In particolare, nell’analisi qualitativa, si è cercato di approfondire il ruolo di Napapijri e i risultati derivanti dall’analisi semantica ottenuta con Image Scan.

hashtag cloud con i top 25 hashtag

Attraverso lo studio della comunicazione di 4 brand (Napapijri, Patagonia, Progetto Quid e Ecoalf) sono state individuate tre tipologie di comunicazione di sostenibilità: product oriented, mission oriented e mista. É stata analizzata la web experience e la social communication di ogni brand per definire le caratteristiche delle diverse strategie, analizzando come l’utente visualizzi i contenuti dedicati alla sostenibilità, in che posizione questi siano inseriti e quanto spazio venga dedicato loro. La comunicazione social, oltre a rispettare la divisione tra strategia mission oriented e product oriented, distingue tra brand che sfruttano la logica UGC e chi utilizza solo contenuti auto-prodotti e che hanno un chiaro intento commerciale. Nella terza fase di analisi è stato somministrato un questionario ad un campione di follower dei 4 marchi, contattando personalmente tutti gli utenti che avevano interagito (commentato) almeno una volta con il brand. Questo campione non ha l’ambizione di riflettere la totalità dei consumatori di un brand ma ha permesso di confrontarsi con utenti che si auto definiscono sostenibili e che consideriamo essere una fetta di clienti destinata ad aumentare nel lungo periodo.

Si è riscontrato come i contenuti legati alle strategie mission oriented e miste (Patagonia ed Ecoalf) siano quelli ritenuti più originali e attrattivi; la strategia di comunicazione che porta maggior engagement è quella che manda un messaggio chiaro e inconfutabile direttamente dall’immagine, senza mettere in primo piano i prodotti e lo scopo commerciale; la maggior parte degli utenti preferisce pertanto contenuti di sensibilizzazione che non coinvolgano marchi o prodotti specifici.

grafico brand value

Dal questionario è emersa inoltre la sensibilità dell’utente nel riconoscere un intento opportunistico in quelle forme di comunicazione che sfruttano la componente di sostenibilità meramente per dare valore ad un prodotto. Inoltre, l’analisi semantica effettuata con Image Scan è stata confermata in questo livello: per la maggior parte dell’unità campionaria “sostenibilità” è sinonimo di qualità, circolarità e riciclo. Patagonia è il brand che riesce a valorizzare maggiormente la sua strategia informativa, il che conferma la percentuale più alta di utenti che si definiscono maggiormente informati attraverso la pagina social del brand americano.

Non solo, l’azione delle aziende la cui strategia di comunicazione è mission oriented o mista, è percepita dagli utenti come sufficiente e rappresentata adeguatamente, mentre i marchi che presentano un approccio prettamente commerciale presentano una percentuale rilevante di utenti che ritengono l’azione di sostenibilità insufficiente o comunicata male. Per quanto possibile si è cercato di limitare i vizi derivanti dall’intention-behavior gap concentrandosi sulle percezioni più che sui comportamenti.

grafico di confronto tra brand

Per riassumere: Patagonia risulta essere il più virtuoso, percepito dagli utenti come originale, sostenibile, e fonte di informazioni; gli insight delle strategie mission oriented sono più che positivi registrando come la maggior parte degli utenti ritenga che i brand comunichino ed agiscano efficacemente; i brand che sfruttano una strategia product oriented assistono invece alla divisione del pubblico in chi pensa che il brand potrebbe informare meglio, chi ritiene insufficiente l’azione dell’azienda e chi semplicemente approva.

Questo progetto ha voluto proporre delle linee guida per una comunicazione di sostenibilità rivolta ad un pubblico sostenibile, il passo successivo è indagare come raggiungere un pubblico diverso e meno sensibile alla tematica specifica.
L’auspicio è che i buoni propositi non si riducano a semplice teoria e che la responsabilizzazione e la sensibilizzazione fermino la corsa al profitto a favore di un cambio culturale che possa portare aria pulita, in termini sia ambientali che sociali, alle prossime generazioni future.

Laurea di Irene Venturi