Oltre alla keyword vino ricorrono: qualità, storia, terra e giorno, termini legati al vissuto quotidiano di una cantina, territorio o vigneto. E’ un linguaggio ancora molto tradizionale.

Le parole del vino su twitter?

“Oltre alla keyword principale, “vino”, come era prevedibile, ricorrono spesso “qualità”, “storia”, “terra”, “giorno”, termini legati al vissuto quotidiano di una cantina, territorio o vigneto. È un linguaggio ancora molto tradizionale”. Così, a WineNews, Paolo Errico, alla guida di “Maxfone” (www.maxfone.it), società leader nell’ analisi comportamentale sui social media, che lavora nel mondo del vino con nomi come Istituto Grandi Marchi, Consorzio Vino Chianti, Castello Banfi, Antinori, Masi, Zenato, Allegrini, Tommasi e Zonin …

“Il nostro obiettivo – spiega Errico – era dare una lettura dei contenuti pubblicati in rete riguardanti, in senso ampio, l’universo vitivinicolo. Capire, insomma, se su Twitter il linguaggio del wine è ancora legato all’utilizzo di parole comuni e comprensibili a tutti o se, invece, stanno prendendo piede delle nuove forme di linguaggio”.

L’analisi, condotta su più di un milione di tweet e 583.000 utenti unici, nei mesi di Febbraio, Marzo e Aprile 2015, ha rilevato che nella top di hashtag enoici, oltre a #vino, compare anche #vinitaly2015, dimostrazione che non solo un hashtag su un territorio o su un argomento può funzionare, ma a anche su un evento, come Vinitaly.


“Sono state, poi, impostate – continua Errico – tre labels (etichette o macro contenuti), scelte sulla base di tendenze riscontrate negli ultimi anni nel mondo del vino: il valore aggiunto delle storie e del vissuto che ruotano intorno a una cantina, il territorio, le tradizioni legate al vigneto, e tutto ciò che nel quotidiano viene connesso al tema del vino, anche in senso molto ampio”. Nella prima label, “emotions”, legata alla sfera emozionale, le parole più usate sono state: “qualità” (31,3%), “storia” (17,1%), “eccellenza” (11,5%). Nella seconda, chiamata “location”, invece, sono comparse sul podio: terra (43,5%), vigneti (23,9%) e vigna (23,5%). Mentre, giorno (62,2%), quotidiano (21,8%) e ricordi (10,8%), sono state le tre voci della label “life”.


“Incrociando questi dati – spiega ancora Errico – emerge chiaramente che il linguaggio del vino in rete è ancora troppo legato a un racconto tradizionale. Il linguaggio non può essere costruito solo su temi come ricordi, famiglia, storia o al semplice quotidiano. Nella label “life”, per esempio, manca completamente qualsiasi riferimento alla stagionalità. E anche i termini che compaiono in “location” sono molto classici e basici. Se è vero che le aziende hanno capito che i social sono uno strumento fondamentale, c’è ancora molto da fare soprattutto sulla narrazione. Occorre, infatti, abbandonare terminologie tradizionali e utilizzare termini più freschi, con più “appeal”, capaci di raggiungere e coinvolgere nuovi utenti, soprattutto i giovani. Magari con aneddoti che li colpiscano e che li facciano prendere parte alla narrazione, perché sono proprio loro a utilizzare maggiormente e quotidianamente i canali social”.


Ma l’analisi di Maxfone sulle “parole del vino” nel mondo porta alla luce un altro interessante aspetto: la lingua più “cinguettata” su twitter non è l’inglese, che si aggiudica il secondo posto con 67.512 utenti, ma lo spagnolo (476.703). Mentre l’italiano si piazza al n.3 (22.859). Sembra chiaro, quindi, che oltre a dover “vivacizzare” il registro enoico sul web, le cantine e non solo dovranno sempre più parlare al mondo ispanico.