Vinitaly 2015 è stato un importante momento di network e di visibilità per gli espositori, ma anche un’occasione formativa a disposizione degli operatori del settore, grazie al folto e variegato programma di convegni, per mezzo dei quali Vinitaly ha voluto aggiornare il mondo del vino sulle ultime novità del mercato.

Il convegno dal titolo Le strategie per il mercato in USA. La produzione del valore, branding e il ruolo della comunicazione, organizzato dall’Università IULM e Marco Polo Experience in collaborazione con Vinitaly, ha preso le mosse da una best practice di un brand che è riuscito ad affermarsi con successo nel mercato statunitense: il prosecco.

Come si è costruito una brand reputation così solida?

La risposta sta in una parola: emozione, concetto riecheggiato più e più volte in questi giorni di convegni a Vinitaly, e che sembra essere il comune denominatore a qualsiasi attività di comunicazione che voglia nel panorama affollato e spesso confuso di aziende presenti su siti, blog e social.

A spiegare le regole e le dinamiche del mercato statunitense è stata un’esperta della comunicazione del settore wine negli Usa, che ha rivelato tattiche e strategie vincenti. Il punto di partenza?

Il principale asset su cui un’impresa deve far leva rimane un elemento che può sembrare ovvio, ma che in realtà non lo è: il sito web. Esso dev’essere “current, emotional, up-to-date, interesting” e, contrariamente a quanto si pensa, non devono abbondare foto, video e musica, elementi che distraggono e che la maggior parte delle volte non vengono nemmeno fruiti; deve invece essere curata la qualità della navigazione, in modo da rendere contenuti e informazioni chiari e facilmente accessibili. Ma il sito è anche e soprattutto il luogo dove veicolare uno degli aspetti più importanti per le cantine: la propria storia, il legame con il proprio territorio, con la popolazione e con gli aspetti più caratteristici della propria tradizione.

Come ha spiegato anche Marilisa Allegrini, se una cantina parla di sé pubblicizzando la qualità del suo vino in termini di tannini, appassimento, tecniche di produzione e qualità dell’uva, avrà sicuramente fatto una comunicazione completa e precisa, ma priva di appeal per un consumatore che non sia un sommelier, e potenzialmente uguale a quella di centinaia di altre cantine. Di fronte a uno scaffale con centinaia di etichette di vini italiani, a contare non sono i dettagli qualitativi, bensì il particolare unico ed emozionale della storia e della realtà che ruota intorno a quel brand.

Costruire una storia intorno al proprio brand, pianificare cioè quella tecnica comunicativa che oggi viene chiamata storytelling, rappresenta quindi la chiave di svolta per i produttori che vogliono rimanere competitivi in un mercato sempre più affollato e in cui è difficile differenziarsi, soprattutto per quanto riguarda le vetrine online.

A conclusione, alcuni “tips” per i produttori che vogliono vendere il proprio vino nel mercato statunitense: visitare in prima persona il mercato statunitense, iniziare l’approccio ad esso con i vini più semplici da bere e da riconoscere, e essere presenti nei ristoranti, in modo da far assaggiare il vino in un’occasione mondana e in abbinamento a un particolare tipo di pasto.

Ancora più a fondo sulla questione dell’aspetto emotivo nella scelta del vino è andato un convegno-laboratorio svoltosi durante l’ultima giornata di Vinitaly, Il neuromarketing del vino e le strategie di marketing emotivo per produrre valore nel mondo del vino.

Vincenzo Russo, docente di psicologia delle organizzazioni e del lavoro alla IULM di Milano, ha iniziato la sua dissertazione citando una celebre frase di Damasio: Non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano”, per mettere in luce ancora una volta il ruolo chiave delle emozioni in tutti i comportamenti umani, quelli di acquisto compresi. Una volta assunto che il primo approccio che l’uomo ha con le esperienze sensoriali è di tipo emotivo, risulta chiaro come sia fondamentale oggi valutare l’efficacia delle strategie di comunicazione a livello di feedback emotivo e neuronale. Min Room Lab, azienda leader nel settore neuromarketing e neurofeedback, ha messo a punto un sistema per la valutazione delle emozioni provocate dalle stimolazioni sensoriali durante la degustazione e dalle aspettative prodotte dalla comunicazione del vino finalizzate a misurare la piacevolezza percepita. Test scientifici hanno dimostrato che lo stesso vino, ma presentato con prezzi diversi, è più apprezzato quando ha un prezzo maggiore, e questo è dovuto all’attivazione di zone diverse del cervello  in base all’aspettativa creata da un prezzo differente, nonostante il vino sia lo stesso. Per rendere tutto ciò veramente tangibile, nella parte conclusiva del convegno i tecnici del Mind Room Lab hanno mostrato con la loro strumentazione e con l’aiuto di una volontaria tra il pubblico quello che avviene al corpo e alla mente umana durante l’assaggio di diversi tipi di vini. Quando il vino era gradito l’emisfero sinistro del cervello mostrava maggiore attività, il ritmo cardiaco e la respirazione aumentavano. Al contrario, nel caso un cui il vino non fosse percepito come buono era l’emisfero destro ad attivarsi.

Non si tratta di esperimenti rimasti chiusi fra le pareti di un laboratorio, ma di vere e proprie tecniche che sono state provate sul campo e che hanno avuto riscontri positivi effettivi. Lamberto Vallarino Gancia, che ricopre molte cariche istituzionali in Associazioni legate al settore vitivinicolo, è intervenuto per raccontare con la propria esperienza come il neuromarketing ha permesso di intuire le potenzialità del Pinot e di incrementarne la diffusione nonostante il mercato lo trovasse inizialmente un fallimento.